L’origine dei Manetti: di Francesco Manetti – Laureato in Scienze Storiche presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Firenze
L’origine del cognome Manetti può essere solo supposta tramite un’analisi etimologica della parola che tenga conto delle differenze socio-antropologiche che determinano l’evoluzione storica di un nome. Nel caso dei nomi propri di famiglia occorre distinguere tra quelli che originano da un mestiere, da una provenienza, da un popolo, da un ceto sociale, da un uso particolare o da un’etnia specifica. Per di più, occorre tenere presente anche l’origine linguistica (quindi etimologica) del nome, in primis del suo elemento radicale.
Nel caso di ‘Manetti’ gli studiosi sono abbastanza sicuri che sia di origine germanica; verosimilmente da una radice magan- o main- (forte, grande), peraltro con un significato analogo al latino magn-, quindi magnus (vedi A. Recchi, Nomi Longobardi, 1998). Generalmente i cognomi sono entrati in uso in Toscana intorno al XIV sec., quando sempre più di frequente si usava mettere il nome di un avo comune a tutta la famiglia dopo il proprio. Sin dall’antichità e nel Medioevo era normale identificarsi dicendo il proprio nome e quello del padre (o di un antenato più noto). Il primo ceto sociale a impiegare sistematicamente il cognome fu quello aristocratico, anche per distinguersi dai non nobili. Infatti i primissimi cognomi nacquero nel XII sec. e in Toscana appartenevano solitamente a famiglie nobili che possedevano o vantavano un’origine antica (a.e. Franca o Longobarda). Con il tempo, la maggiore stratificazione della società, l’arricchimento delle classi medie non nobili portò questi nuovi attori sociali ad impiegare a loro volta un cognome e perciò molti dei cognomi più antichi e “classici” che abbiamo ancora oggi in Toscana derivano da questo periodo, all’alba del Rinascimento. Tali cognomi, tra i quali ‘Manetti’, appartenevano quindi ad un ceto medio della società fiorentina e derivavano o da nomi latini (di ispirazione romana o ecclesiastica) o da nomi germanici. È possibile che gli ultimi cognomi nati siano quelli degli strati più umili della popolazione, come quelli che ricordano un mestiere, una città, un’origine straniera, una minoranza, un’orfanità etc.
In base a questo il cognome ‘Manetti’ deriva presumibilmente dal nome proprio ‘Manetto’, usato nella regione di Firenze tra il 1200 e il 1300. Tale nome era probabilmente in uso tra famiglie di ceto medio, le quali non vantavano un’antica nobiltà di spada, ma si erano arricchite tramite lavori legati al commercio o al prestito. Possiamo supporre che ‘Manetto’ sia a sua volta un derivato di un altro nome, a cui è stato applicato un suffisso nominale con valore diminutivo –etto, che indica il figlio di qualcuno. Perciò se consideriamo anche il nome/cognome ‘Mainetto’, avente probabilmente la stessa origine ma attestato in documenti più antichi in latino (come Mainetto, Mainectus, Maynectus), troviamo forse il nome ‘Maino’. Tale nome viene talvolta trascritto nei documenti con la –y al posto della –i e, dato che anche in altri casi il grafema –y era impiegato laddove vi era un passaggio fonetico tra il suono dell’occlusiva velare sonora –g al suono vocalico anteriore chiuso –i, possiamo supporre che la –y di ‘Maynus’ testimoni l’origine di tale nome dalle suddette radici germaniche magn- e magan-. Alla luce di questo si può inferire l’esistenza di un nome alto-medievale ‘Maino’, con un significato analogo a quello di “magno”, e quindi “forte”, “grande”. Da non dimenticare che in Antico Francese esisteva il nome Mainet, testimoniato dalla Chanson de Mainet, poema messo per iscritto poco dopo il Mille e dedicato alla giovinezza di Carlo Magno (esso è il suo nome in incognito quando deve fuggire dalla Francia). Il sito geneanet.com in francese ci dice che ‘Manetto’ potrebbe essere un’italianizzazione di ‘mainet‘. Forse, data l’enorme influenza della letteratura francese in Italia dopo il 1000, potrebbe essere arrivato in questo modo il nome proprio ‘Maino’?
Le prime testimonianze scritte:
In alcuni documenti dell’Archivio di Stato di Firenze (ASF 499), attenenti alla famiglia Altoviti, compare forse nella sua più antica attestazione il nome Mainectus in un atto di vendita del 13 dicembre 1207. Qui un Cennamino figlio del fu Mainetto Cennami vende una casa ai fratelli Davanzato e Scorcio: Cennaminus fil. olim Mainecti Cennami vendidit Davanzato, et Scorcie fratibus Domum positam in Burgo SS. Apostolorum. Nello stesso documento riappare tale Cennamino, figlio di Manetto Cennami vende un’altra casa a Scorcio figlio di Longobardo il 13 settembre 1209: Cennaminus fil. q.m Manetti Cennami vendidit Scorcie filio Lungubardi medietatem uniun Case posit. in Burgo. SS. Apostolorum in Parrocchia SS. Apostol. S. Bonus Jud. et not. rog. In una fonte consiliare del 1234 (Consiglio generale e speciale del Comune di Firenze, 1234 – Archivio di Stato di Siena, Diplomatico, Archivio riformagioni, 1234 marzo 26), il Consiglio del Comune di Firenze redige una lista di consiglieri, consoli e capitani tra i quali figurano tali Mainectus Actaviani, Mainectus Aldobrandi, Mainectus Cose, Ildobrandus Mainecti, Mainectus Arcuccia, Cambius Mainecti, Mainectus Ferracii, Mainetto Anselmi, Mainectus Folchi e Giambo Mainecti. Tale nome lo ritroviamo attestato ben 8 volte nello stesso secolo (inizio XIII sec.) anche a Pisa, più precisamente in un giuramento di fedeltà prestato da 4300 cittadini (Archivio di Stato di Siena, Caleffo Vecchio, cc.178v-189v [A]).
Se diamo uno sguardo a documenti più tardi (fine 1200) notiamo la caduta sempre più frequente della -i davanti a consonante, quindi Manectus. Ad esempio nella lista del Consiglio dei Cento del Capitano del Popolo del 1295-96 (Consiglio dei Cento e Consiglio speciale del capitano del Popolo, 1295-1296, Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 1554, cc. 1r.-2r.) troviamo un Lapus Manecti Aghentini, oppure tra i consiglieri di Parte Guelfa del 1278 (Consiglieri di parte guelfa, Archivio di Stato di Firenze, Capitoli, Registri, 29, c. 234r.-v.) abbiamo un Manectus Benincase. Degno di nota è il caso dei Sette Santi Fondatori dei Servi di Maria, uno dei quali si chiamava Manetto dell’Antella e un altro Bonagiunta di Manetto, entrambi vissuti alla metà del secolo. Altre notizie provengono dal fondo diplomatico del Capitolo Metropolitano Fiorentino (724-1822) in cui nel 1283 un Manetto dei Lamberti fa un compromesso con Angelotto Alfani (Rotolo membranaceo 549/C29); nel 1290 un Masino di Manetto Alberti vende delle terre al procuratore di Firenze (566/C18 III); nel 1296 un Manetto di Cambio di Torrigiana vende delle terre a Quinto a S.M.Maggiore (591/C20); nel 1339 abbiamo una sentenza del Capitano del Popolo di Firenze a favore di Giovanna di Guccio Manetti, un “bandito” (escluso dalla comunità cittadina)(837/C34). Anche tra i capitani della Parte Guelfa troviamo un Manetto Spini eletto il 28 agosto 1278; un Manetto Scali il primo settembre 1301; un Manetto di Gianni Spini il 20 novembre 1380; un Lamberto di Zucchero di Gianni Manetti del quartiere di S. Spirito, Gonfalone Drago del Popolo di S.Frediano.
Se diamo uno sguardo alle attestazioni più recenti, ormai in epoca rinascimentale, troviamo nomi noti di personaggi come Giannozzo Manetti, Antonio Manetti e Bernardo Manetti. Nel 1391 un notaio di Castelfiorentino, Ser Niccolò di Manetto di Bonagiunta fece fondare il monastero di Santa Verdiana in via dell’Agnolo. Qui sotto lo stemma dei Bonagiunta:
I Manetti rinomati avevano uno stemma con tre crescenti su una banda obliqua blu in campo bianco.
Da ricordare che non sempre abbiamo gli stessi stemmi per le stesse famiglie, poiché ogni generazione univa casate di volta in volta diverse. Non sembra un caso infatti che davanti al Cenacolo di Santo Spirito vi è riportato il nome di un Manetti, probabilmente l’architetto Antonio Manetti, che nel 1446 continuò i lavori iniziati dal suo maestro Brunelleschi. Sull’effigie leggiamo – S MANETTI TUCII DELLI DEGLI SCILINGHUATI FILIO.
Possiamo essere abbastanza sicuri che si riferisca ad Antonio di Tuccio di Marabottino Manetti e Cosa Adimari, architetto, umanista e matematico fiorentino del 1400. Probabilmente imparentato con il Manetti più famoso, Giannozzo (i cui figli erano Bernardo, Angelo, Antonino, Giovanni, Piera, Costanza e Ginevra, avuti con Alessandra di Tommaso di Giacomino Tebalducci), che viveva nello stesso periodo proprio nel quartiere di Santi Spirito ed era figlio di un ricco mercante, Bernardo Manetti. Come vediamo lo stemma non sembra quello della famiglia, probabilmente era il blasone degli Scilinguati. Ogni famiglia aveva il proprio ‘stock onomastico’ e in effetti il legame tra le due famiglie sembra già emergere da documenti raccolti da Emanuele Repetti nel 1849, in cui un Manetto de’ Scilinguati figura come Gonfaloniere di Giustizia di Parte Guelfa della Repubblica nel luglio 1325.
Nello stesso elenco abbiamo un Manetto da Filicaia, Gonfaloniere nel maggio 1366; un Niccolò Manetti nel gennaio 1389; un Manetto Scilinguati nel gennaio 1434 (forse parente di Antonio?) e infine un Antonio Manetti Gonfaloniere nel novembre 1495 (forse lo stesso Antonio ha ricoperto la carica due anni prima di morire?). Anche nelle ‘Istorie della città di Firenze’ di Jacopo Nardi compare nel 1494 un Andrea di Manetto Manetti, magistrato per le arti minori del quartiere di Santa Maria Novella per conto del governo anti-mediceo.
Un’ulteriore attestazione di tale personaggio sembra emergere dai ‘Ricordi Storici di Filippo di Cino Rinuccini’ in cui Andrea di Manetto d’Andrea Manetti “artefice” viene nominato nel 1507 tra i 12 buonomini del Consiglio Maggiore per il quartiere di Santa Maria Novella. Grazie a questa informazione aggiuntiva conosciamo anche il nonno del nostro Andrea.
Sullo stesso personaggio ci dice qualcosa anche Domenico Maria Manni nelle sue ‘Osservazioni istoriche’ dove tratta dei rami della famiglia Manetti, uno dei quali ebbe cinque volte il Priorato a partire da Manetto d’Andrea nel 1441 e vivevano a Santa Maria Novella. Oltre a questo è interessante anche il riferimento che l’autore fa di un altro ramo della famiglia, da lui individuato in un atto del 1440, rogato da Ser Antonio di Francesco da Gangalandi in cui è testimone un certo Manetto di Lorenzo di Manetto del Popolo di San Simone.
La storia dei Manetti continua anche dopo il Rinascimento. I membri della famiglia si moltiplicano, migrano in altre città e si fondono con altre famiglie. A causa di ciò possiamo individuare le loro tracce nei luoghi più disparati e nelle genealogie più varie. Ad esempio, nel pavimento di una tomba in Santa Croce, ritroviamo il sopramenzionato stemma dei Bonagiunta che conferma il legame tra le due famiglie. Su di essa leggiamo: S S NICHOLAI MANETTI BONAGIUNTE SUORUM HEREDUM.
Curioso è anche il caso di una ceramica del 1530, opera dell’artista Francesco Xavier Avelli di Rovigo che secondo alcuni apparterrebbe ad un servizio Manetti, a causa del simbolo con le tre mezze lune in alto a sinistra.
Anche altre importanti famiglie fiorentine possedevano un’arma simile: i Dini e gli Strozzi. Potrebbero esserci legami di parentela tra alcuni dei rami delle suddette famiglie?
Nella raccolta Ceramelli Papiani questa è la principale versione del blasone ‘Manetti’, presumibilmente del ramo di Giannozzo.
Adesso torniamo al nome ‘Maynus/Magnus/Magnecht‘, che potrebbe essere appartenuto ad un antenato dei ‘Manetti’ vissuto nel XI sec. Ma da quale territorio veniva? Quale zona della Toscana? Nelle fonti medievali il nome ‘Manetto’ si ritrova in varie zone della provincia di Firenze, in città e in campagna, ma molte volte lo troviamo accostato alla famiglia dei Conti di Gangalandi o altre famiglie provenienti dalla zona odierna di Lastra a Signa. I Manetti che curano questo sito sono originari della zona di Ugnano e Badia a Settimo e, in effetti, non è forse un caso che ancora oggi il cognome Manetti sia estremamente frequente nelle zone sopraelencate.
Se guardiamo sul sito di Pagine Bianche la diffusione del cognome nella provincia di Firenze si nota che la concentrazione maggiore di famiglie ‘Manetti’ (oltre che nel centro urbano fiorentino) è proprio nella zona di Lastra.
Allo stesso modo, anche sul sito di Cognomix.it notiamo che la stragrande maggioranza delle famiglie ‘Manetti’ sono residenti (oltre che a Firenze) nella zona di Lastra e di Signa. Nell’immagine le due caselle arancioni ‘41’ e ‘43’.
Provando a riflettere sulla distribuzione geografica dei Manetti medioevali (Santo Spirito, Santa Maria Novella, San Simone) si evince l’esistenza di nuclei familiari con nomi simili che avevano le loro dimore a ridosso del fiume Arno. Inoltre, tenendo conto del ramo principale (o almeno il più ricco e famoso), individuiamo la presenza di molti Manetti in Oltrarno, facenti riferimento alla chiesa di Santo Spirito. Tale ramo è quello dei già menzionati Giannozzo Manetti (frequentatore del circolo intellettuale della chiesa), Antonio Manetti (restauratore della Chiesa) e Bernardo Manetti, ricco mercante fiorentino. Furono proprio loro ad edificare in Via Santo Spirito ‘Palazzo Manetti‘.
Alla luce di questo è possibile ipotizzare che la casata dei Manetti fosse tra quelle famiglie di popolo emerse nel corso del XIII e XIV sec. e che, come tante altre, avesse fondato la sua ascesa politica ed economica sul commercio. Tenuto conto della posizione dei “Manetti mercanti”, del loro palazzo e della distribuzione odierna del cognome sul territorio toscano, si potrebbe inferire uno sviluppo delle loro attività lungo l’antica Via Pisana e lungo l’Arno. Non sembra un caso che partendo da Palazzo Manetti, percorrendo Via Santo Spirito in direzione del mare ci troviamo a passare direttamente sotto Porta San Frediano e ad imboccare precisamente il principio di Via Pisana. Dunque è possibile che la distribuzione attuale della maggior parte delle famiglie Manetti lungo il bacino dell’Arno a ovest di Firenze, in particolare tra Badia a Settimo, Lastra a Signa e Signa, corrisponda ad una necessità dei Manetti di controllare la strada che portava a Pisa, così come gli adiacenti porti sull’Arno (tra cui quello di Signa, dove vi era l’ultimo tratto navigabile per grandi battelli). Allo stesso modo ma all’inverso, la distribuzione delle famiglie di Manetti nella storia può testimoniare un arrivo dei Manetti a Firenze proprio dalla zona di Signa/Lastra a Signa. Anche Francois Menant sottolineò che nel processo d’inurbamento di Età Comunale le famiglie che arrivavano dalla campagna si recavano a vivere nei sobborghi più vicini ai luoghi d’origine. Inoltre, come ricordò anche lo storico Raveggi (Ghibellini, Guelfi e Popolo Grasso, 1978, p. 38), il sesto d’Oltrarno era quello più giovane e luogo d’insediamento naturale delle famiglie provenienti dal contado a sud della città.
Diamo ora uno sguardo all’evoluzione urbanistica di Firenze sin dal principio.
Già nella pianta organizzata dai romani osserviamo quali erano le principali vie di comunicazione con le altre città. Molto importante il raccordo della strada imperiale Cassia (oggi Cassia Vetus – Antica) che non passava da Florentia.
Nella seconda mappa vediamo la Firenze Tardo-Antica, Longobarda e Carolingia, una città nettamente ridimensionata e ridotta a poche case intorno al vecchio foro (Piazza della Repubblica), al tempo piazza del mercato. In tale periodo la città realmente dominante del territorio era Fiesole e sarà proprio la graduale ripresa di Firenze alle spese dell’antica rivale che caratterizzerà i secoli intorno al 1000.
La Firenze dopo l’anno 1000 è quella che conosce una grande ripresa economica, un’espansione demografica favorita dall’immigrazione di aristocratici e contadini delle campagne nel centro urbano. L’identità cittadina si rafforzò e il comune inizio la sua espansione territoriale a danno dei signori del contado. Nella mappa si vede l’inclusione nel circuito murario dell’Oltrarno. Forse è proprio in questo periodo che gli antenati dei Manetti si insediarono in città.
Qui osserviamo lo sviluppo conclusivo della Firenze medievale, quella del governo di Popolo e delle Arti. Le grandi famiglie fiorentine stanno aumentando la loro influenza e ricchezza in tutta la penisola e oltre. I Manetti mercanti iniziavano ad essere una rinomata famiglia popolare del quartiere di Santo Spirito.
Per concludere si potrebbe fare un passo oltre e lavorare un po’ di fantasia. È possibile che l’antenato dei Manetti sia una persona (Majno/Magno?) vissuta nel territorio dell’odierna Lastra a Signa, che intorno all’anno 1000 figura nei documenti col nome di ‘Gangalandi’. Tale toponimo tradisce un’etimologia germanica che porta il significato di “terra di passaggio”, dal composto di due sostantivi germanici gang (“passaggio”, vedi anche il tedesco moderno Gang), o ‘terra di deposito’ (la ganga è il minerale di scarto di una miniera, sempre dal germanico Gang, filone metallifero, e sappiamo che Lastra a Signa si chiama così proprio perché zona di estrazione di pietra serena), e e lant (“terra”, “landa”, tedesco moderno Land). In effetti la zona della Valle dell’Arno fu una zona fortemente “longobardizzata”, subì l’immigrazione di numerose famiglie Longobarde e ciò è riflesso dall’archeologia e dalla toponomastica. La terra di Gangalandi, di cui oggi rimane testimonianza solo nel nome della Chiesa di San Martino a Gangalandi, era una terra di passaggio poiché situata proprio al confine tra Valdarno superiore e inferiore. Basti pensare che la città di Signa era famosa per avere un grande ponte (il Ponte di Signa) sull’ultimo tratto navigabile da grandi navi dell’Arno. Infatti lo stemma del comune di Signa è proprio un ponte.
Anticamente si notava il “passaggio” ancora di più rispetto a oggi dato che la valle alluvionale di Firenze-Prato-Pistoia presentava un aspetto ancora paludoso, nonostante le bonifiche già compiute dai romani. La piana tra Firenze e Pistoia presenta ancora oggi molti stagni e laghetti poiché migliaia di anni fa era la sede di un enorme lago (frutto del ritiro del mare preistorico) che rimase separato dal mare a Ovest dalla catena montuosa del Montalbano che si univa con il Massiccio della Gonfolina, bloccando così il corso dell’Arno che si tuffava nell’antico bacino lacustre. Con il tempo le acque del lago si prosciugarono, anche perché dove oggi c’è il masso della Gonfolina si aprì un passaggio nella catena montuosa che fece defluire le acque dell’Arno verso il mare. Ciononostante ancora oggi l’aspetto umido e lacustre della piana fiorentina è ancora abbastanza evidente nel paesaggio e nel clima. Già agli antichi non sfuggì la caratteristica fisica del territorio di Lastra a Signa che si presentava come terra rialzata, asciutta e di passaggio attraverso le antiche paludi. Forse questo spiega il toponimo longobardo Ganglant , anche se è più plausibile che sia dovuto alla presenza di cave di pietra che scartavano la ganga.
Come detto in precedenza la presenza consistente di famiglie Longobarde è testimoniato dalla toponomastica del luogo.
Montespertoli –> Monte Sighipertuli. Da latino “mons” e il nome proprio Longobardo “Sighipert”.
La Sala (Rione a ovest di Firenze) –>Da la “sala” Longobarda, centro di potere signorile Longobardo.
Empoli –>Forse dal nome proprio germanico Impo, più il suffisso –ulus.
Montefiridolfi –> da Montis filiorum Ridolfi, “il monte dei figli di Ridolfo”, antroponimo Longobardo.
Castello di Montegufoni –> in antico Castello degli Ormanni, famiglia Longobarda.
Torre del Guardingo –> dove oggi si trova Palazzo Vecchio, da gardingus/wardingus, fortificazione Longobarda.
La storia di Gangalandi è quindi la storia di un territorio a forte immigrazione germanica. Prima del 1100 e della conquista del borgo da parte dei fiorentini la regione faceva parte della contea dei Cadolingi, una famiglia di origine Franco/Longobarda, attestati nelle fonti tra il 923 e il 1113. Essi erano Conti di Pistoia e i loro possedimenti comprendevano la Val di Pesa, Gangalandi, le Colline di Lari e parti del Mugello. La zona che va da Gangalandi oltrepassa l’Arno e arriva a Signa era di grande importanza strategica. Lì sorgeva il Castello di Monte Orlando (della famiglia Orlandi, distrutto dai fiorentini) e il più grande ponte di legno dell’Alto Medioevo tra Firenze ed Empoli, detto Ponte di Signa. È possibile che la storia dei Manetti sia iniziata proprio in questi luoghi intorno all’anno 1000, forse di stirpe germanica e forse imparentati con i Cadolingi. Purtroppo la verità è destinata a rimanere sepolta nella storia, ma le ipotesi non mancano.
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Per approfondire:
Famiglie fiorentine iscrite nei libri della nobilta’ (carnesecchi.eu)
Nobiltà fiorentina – Wikipedia
2.42.228.123/dgagaeta/dga/uploads/documents/Sussidi/5493d9703594d.pdf
2-impaginato regioni+foto (archivitoscana.it)
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